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GARGIONE

RELIGIONI RELIGIONI nel mondo CAPITOLO II

RELIGIONI… RELIGIONI nel mondo CAPITOLO II, segue dall’ultimo articolo…

CAPITOLO II
LE RELIGIONI PRIMITIVE
L’ANIMISMO
Il vocabolo animismo fu introdotto dallo scozzese Edward B. Tylor, etnologo e fondatore della scienza storico-religiosa. Con tale termine si intende la credenza in esseri sovrumani, spiriti o demoni, che vengono localizzati in posti religiosamente importanti. Secondo Tylor, i primitivi, definiti come popoli senza scrittura, attribuiscono agli spiriti l’origine della vita umana, immaginandoli come fantasmi simili a ombre, in grado di trasmigrare da individuo a individuo, dai morti ai vivi, da piante e animali in oggetti inorganici e viceversa.
L’animismo può essere, dunque, definito una credenza in una forza vaga, potente, terrificante che si manifesta in vari gradi e con maggiore o minore potenza in ogni tipo di fenomeno, dalle meteoriti, ai lampi, alle cascate o ad alcuni animali selvaggi.
Sotto la denominazione animismo si classificano le religioni tradizionali presenti in quelle società semplici ed analfabete ancora oggi diffuse in alcune parti del mondo, come in Africa, in Australia, in sud America ed America centrale.
Tale classificazione è stata inizialmente proposta da studiosi di cultura e lingua francese, poi è stata accolta anche in ambienti cattolici. Presso le società africane è fede comune che la forza vitale ha la sua fonte originaria e originante nell’essere supremo, mentre di tale fede non vi è dimostrazione sicura.
Carattere principale delle religioni primitive, ormai scomparse nel mondo occidentale, è l’assenza di una netta separazione tra mondo spirituale e mondo naturale, tra coscienza e mondo circostante. Il rito ricopre un ruolo fondamentale nelle culture primitive, è il tentativo di porsi in armonia con il ciclo naturale, celebrando eventi fondamentali come il quotidiano sorgere e tramontare del sole, il mutare delle stagioni, il variare delle fasi lunari, la semina annuale e il raccolto. Il rito proprio delle religioni primitive si potrebbe considerare come una forma artistica volta a esprimere e a celebrare la partecipazione dell’umanità alle vicende dell’universo e degli dei.
LE RELIGIONI POLITEISTE
Il politeismo può essere considerato il secondo stadio nell’evoluzione delle religioni, la fase successiva all’animismo. Nell’antichità era la forma di religione delle culture superiori, quelle che possedevano un’agricoltura sviluppata ed un’organizzazione sociale complessa. Il politeismo, in pratica è la credenza in una molteplicità di dei, organizzati in un pantheon di solito con vincoli gerarchici. Rispetto a quelle animiste, dove si veneravano le forze della natura, anime dei defunti o gli spiriti, le religioni politeiste presentavano una maggiore articolazione di culture, una visione più varia e multiforme. Non si adora più il Dio sole o il Dio Nilo, ma un’entità spirituale che ha creato tutto ciò e che abita in cielo.
Politeiste furono tutte le religioni dell’antichità fino alla comparsa delle fedi monoteiste. Lo furono le religioni dell’India, della Persia (prima di Zarathustra), della Mesopotamia, dell’Egitto e della Grecia, di Roma, dell’area celtica e romana. Secondo Angelo Brelich il politeismo esprime le specializzazioni di una società diventata complessa, che si basa sulla divisione del lavoro. I vari dei, infatti, altro non sono che “specialisti” chiamati a presiedere i vari ambiti della realtà. Ad esempio nella religione greca, ogni dio è supervisore di un settore: Poseidone è il Dio del mare, che governa le forse della natura come i terremoti; Athena è la dea della saggezza che produce i saperi applicati alla tessitura e alla carpenteria mentre Marte è il Dio della guerra, i cui favori erano importanti per il buon esito di una campagna militare.
LA RELIGIONE EGIZIA
L’Egitto e la Babilonia furono i centri più antichi non solo della civiltà, ma anche della religione. Il motivo è semplice, le esigenze agricole, essendo l’Egitto una stretta striscia di terra coltivabile soggetta alle inondazioni del Nilo, obbligavano gli abitanti non solo a risiedere in borghi, ma anche ad intraprendere opere in comune per la canalizzazione delle acque. In tale necessità di lavoro cooperativo sotto un’unica direzione troviamo una delle cause per cui, in queste regioni come in Babilonia e nella vallata del fiume Giallo in Cina, erano predestinate diventare culle di civiltà. Quando comincia la nostra conoscenza i borghi erano delle comunità tenute insieme non solo da interessi sociali ed economici comuni, ma anche religiosi. Ciascuna di queste città infatti aveva il proprio dio che vegliava sugli interessi della comunità. Gli dei delle varie città spesso portavano lo stesso nome: ad esempio Horus era adorato non solo nell’Alto Egitto, ma anche in varie parti del Basso Egitto.
Con l’unificazione del paese fu introdotto il culto delle divinità cosmiche. La prima concezione cosmogonica fu quella di una triade divina composta da Geb (la terra), da Nut (il cielo) e da Ra (il sole). Nut, madre del sole, lo accoglieva ogni sera per il riposo notturno e lo rinviava nel mondo la mattina. I sacerdoti di Eliopoli cercarono di allargare questa sistema e aggiungervi altri dei, ma ciò suscitò la reazioni di altri ambienti sacerdotali. Il clero di Ermopoli escogitò una Ogdoade, mentre a Menfi, sede dei faraoni delle prime dinastie, si attribuiva il primo posto della gerarchia divina al dio della città: Ptah e la funzione di creatore ad Atum. L’antico Egitto, infatti, è un esempio di come la religione possa conservare i tratti fondamentali per un lungo tempo anche quando accoglie cambiamenti sulla dottrina e i costumi.
A partire dal Medio Regno (2134-1668 a.C.) il culto di Ra, signore delle divinità cosmiche, venne gradualmente assimilata alla figura di Amon sotto le dinastie tebane, fino a diventare il dio supremo Amon-Ra. Durante la XVIII dinastia il faraone Amenofi III ribattezzò il dio Sole con il nome di Aton. Suo figlio e successore, Amenofi IV, poi, lo proclamò unico vero dio (primo esempio in assoluto di monoteismo), mutando il proprio nome in Akhenaton (che significa “Aton è soddisfatto”). Pur esercitando una grande influenza sull’arte e sul pensiero del suo tempo, il culto solare monoteistico di Akhenaton non sopravvisse e l’Egitto tornò, dopo la sua morte, all’antico politeismo.
Per tutti gli egiziani il dio dei morti era Osiride. Essi credevano nell’esistenza di una vita extraterrena ed erano convinti che la forza vitale fosse composta da diversi elementi psichici, il più importante dei quali era il ka, un doppio del corpo che gli sopravviveva dopo la morte, ma che senza di esso non poteva esistere. Per conservare il corpo, perciò, bisognava imbalsamarlo e mummificarlo seguendo un metodo tradizionale che si riteneva risalente alla mummificazione del dio Osiride.
Dopo l’arrivo nel regno dei morti, il ka veniva giudicato da Osiride e dai 42 demoni. Se essi decidevano che il defunto era stato un peccatore, il ka era condannato alla fame e alla sete o a essere fatto a pezzi da orribili carnefici. Se, invece, la decisione era favorevole, il ka emigrava nel regno celeste dei campi di Yaru, dove il grano cresceva altissimo e l’esistenza era una versione festosa della vita sulla Terra.
LIBRO DEI MORTI. Si riteneva che, una volta che le anime dei morti avevano lasciato la tomba, fossero in balia di infiniti pericoli, per questo motivo le tombe erano tutte dotate di una copia del Libro dei Morti, che era una vera e propria guida per il mondo dell’aldilà. Esso conteneva formule magiche, inni e preghiere che dovevano proteggere l’anima nel suo viaggio attraverso la regione dei morti e scacciare i demoni che ne ostacolavano il cammino.
Un aspetto sorprendente della religione egiziana che impressionò i primi studiosi, fu la stretta relazione degli dei dell’antico Egitto con gli animali. Non vi è alcun dubbio che nell’antico Egitto si credeva che l’animale fosse il dio manifesto: Khnum di Elefantina era un montone, Hathor un vacca, Nekhhet un avvoltoio, Bast un gatto, Horus un falcone ecc.. Tanto gli animali domestici che le bestie e gli uccelli da preda si trovano in questa lista, che comprende quasi tutta la fauna d’Egitto. Soltanto una o due divinità sono rappresentate in forma umana.
LA RELIGIONE GRECA
La religione greca presenta due matrici, una mediterranea, imperniata sul culto della Terra Madre, ed una indeuropea, caratterizzata dal culto celeste verso un Essere supremo, il Cielo Padre (Zeus).
Tutto ebbe inizio quando Gea, la madre terra, emerse dal caos e generò nel sonno Urano, il figlio del cielo. Egli fu il primo a presiedere l’Olimpo e prese in sposa Gea che gli partorì figli giganteschi. Urano temeva che gli potessero usurpare il trono e perciò li uccideva uno dopo l’altro, fin quando Gea istruì il figlio Crono che, evirò il padre gettandone in mare la virilità, e dalla cui spuma, nacque la dea Afrodite.
Anche Crono, temendo per la sua vita, mangiava tutti i figli che generava sua moglie Rea, fin quando questa non si liberò di lui, partorendo così Zeus, capo dell’Olimpo. Con i fratelli Ade, signore dell’oltretomba e con Poseidone, re del mare, diede origine agli dei dell’Olimpo. La religione greca, infatti, può essere descritta come il culto delle 12 divinità olimpiche, il cui re, Zeus risiedeva sulla cima del monte Olimpo. Ogni divinità aveva il suo dominio: Apollo era il dio della luce e della musica; Ares era il dio della guerra, Poseidone il dio del mare, Mercurio il messaggero degli dei, Dionisio, dio dei piaceri Apollo, il dio delle arti, Efesto, il signore del fuoco e così via.
Importanti erano anche le figure femminili, tra di esse ricordiamo: Era la permalosa moglie di Zeus, Atena, la dea della saggezza, Afrodite, dea dell’amore e della bellezza, Artemide, dea della caccia, Demetra, dea delle messi.
La realtà della religione greca, però, non si limitava ai soli dei olimpici, esistevano migliaia di divinità locali, molte delle quali giunsero poi ad identificarsi con gli dei dell’olimpo. Si tratta del fenomeno del sincretismo, che significa fusione dei culti.
Una delle caratteristiche peculiari della religione greca era che gli dei mostravano sembianze e sentimenti umani e, diversamente da altre religioni antiche come l’ebraismo, non conteneva rivelazioni o dottrine spirituali.
Anche le pratiche e le credenze erano molto varie, prive di un testo sacro e di sovrastrutture formali come il clero. Una delle principali forme rituali era il sacrificio. I doni, di solito, erano la parte migliore di animali selezionati offerti al dio sull’altare fuori del tempio. Questi sacrifici erano celebrati per chiedere un favore, una grazia o per ottenere un oracolo, che era il responso divino sull’esito di un’impresa o di una guerra.
Questi riti erano svolti soprattutto nelle feste di cui l’anno greco era pieno. Le più importanti erano le quattro feste pan-elleniche, che attiravano gente da ogni parte della Grecia.
LA RELIGIONE ROMANA
Il centro della religione romana erano gli atti di culto, i riti, le festività, i sacrifici. Lo scopo era conservare il favore degli dei e per ottenerlo non era necessario coinvolgere il sentimento personale.
I romani fecero proprio gran parte del pantheon greco: Giove corrispondeva al greco Zeus, Venere fu identificata con Afrodite, la dea dell’amore, Nettuno era Poseidone il dio del mare ecc.. Alcune divinità originarie rimasero, però, importanti, ad esempio Fauno, lo spirito delle foreste, se pure identificato col greco Pan, dio della campagna, conservò caratteri italici. La religione nell’antica Roma era, infatti, il frutto della combinazione di tradizioni preromane, proprie delle genti italiche ed etrusche, sulle quali si innestarono credenze eterogenee e molti elementi della mitologia greca.
La religione romana era fortemente associata con la vita pubblica. Gli dei non erano lontani, bensì strettamente coinvolti negli affari e nelle fortune di Roma, al punto che religione e politica spesso si identificavano.
I sacerdoti erano parte dell’élite politica e la loro funzione era di offrire consigli in materia di religione e compiere riti e sacrifici. Il legame tra religione e la vita pubblica emerge dichiaratamente sotto l’imperatore Augusto (27 a.C. – 14 d. C.), il quale usò la religione per rafforzare il suo potere. Fondò un tempio ad Apollo sul colle Palatino, dato che Apollo era il dio della pace e della civiltà. A partire da allora buona parte del culto si focalizzò sugli stessi imperatori. Durante il periodo dell’impero, si giunse a dichiarare che l’imperatore era un dio. Ogni moneta portava la sua effigie, mentre sul lato opposto c’erano i simboli del suo potere. Tale pratica, dato che continuava a sussistere un’immensa diversità di religioni, risultarono importanti per l’unità dell’impero.
LA RELIGIONE DELLA CASA. Altrettanto importante era l’aspetto privato della religione legato al culto dei Lari e dei Penati. I Lari erano “spiriti dei campi” associati agli antenati che vi erano sepolti, spesso in un santuario chiamato “lararium”. I Penati, invece, erano gli spiriti tutelari dell’economia familiare adorati insieme a Vesta, dea del focolare.
LE RELIGIONI PRE COLOMBIANE
E’ piuttosto azzardato paragonare le culture dell’America centrale e meridionale a quelle dell’Egitto e della Mesopotamia. Anche se non è difficile cogliere delle analogie tra le culture megalitiche dell’Europa e del Medio Oriente e quelle del nuovo mondo, queste ultime si sono sviluppate in un isolamento tale che eventuali connessioni ormai non sono più identificabili. Il ciclo cronologico dei Maya non assomiglia a nessun altro e non c’è quasi niente della loro cultura che possa far pensare ad un’influenza eurasiatica.
Le religioni dei poli dell’America centrale sono un esempio perfetto di un culto della natura, isolato dal qualsiasi influenza esterna, una natura non vista in senso benevolo, ma come somma di forze ostili. Sia nel caso di Tezcatlipoca, il dio del vento, o di Hiutzilopochtli, dio della guerra, sono dei da propiziarsi e da nutrire con vittime umane. I sacrifici umani sono infatti, l’aspetto più raccapricciante di queste culture. A volte venivano immolati fanciulli, a volte prigionieri di guerra, “il sangue” – scrive un noto studioso, Spence – era l’offerta più gradita al sole che spesso veniva dipinto con lunghi raggi simili a lingue che leccano la gola recisa delle vittime. Il sole doveva mangiare per vivere e terribili erano i riti che dovevano provvedere al suo sostentamento.”
GLI INCAS. Vivevano nel Perù e si suppone che la loro dinastia iniziò nel 1200 a. C. e terminò con l’invasione degli spagnoli.
La religione era la base della loro esistenza e l’imperatore, chiamato “Inca Supremo o Figlio del Sole”, ne era parte integrante. Alla testa della gerarchia soprannaturale vi era un dio creatore che aveva generato le cose terrestri e le divinità, aveva diversi titoli, ma era conosciuto con il nome di “VIRACOCHA” che significa “Signore”. Tra le divinità inferiori vi era PACHAMAC.

Il sole rivestiva una particolare importanza per gli abitanti degli altipiani, era considerato l’antenato dell’imperatore e della sua famiglia. Le effigi in oro degli dei erano custodite nei templi e portate in città solo in occasione delle grandi cerimonie pubbliche.
Numerosi erano i luoghi di culto, chiamati ANACAS. I templi ed i santuari erano curati dai sacerdoti definiti gerarchicamente in maniera rigida, con il gran sacerdote che stava a capo della casta, generalmente un parente prossimo dell’imperatore. Essi avevano vari compiti, dovevano profetizzare, sacrificare, compiere guarigioni, ascoltare i peccatori e proporre cerimonie religiose, non mancavano sacrifici cruenti (bambini uccisi) per aggraziarsi la volontà del dio.
I MAYA. A differenza della civiltà degli Aztechi, che all’arrivo degli spagnoli era storicamente ancora giovane, quella dei Maya ebbe inizio in epoca remota. Secondo alcuni studiosi, in conformità a ricerche archeologiche, il corso storico di tale civiltà ebbe inizio intorno al 1500 a.C., mentre nel 1697 d.C. furono sottomessi gli ultimi Maya organizzati. Essi abitarono gli odierni Stati dello Yucatàn, Campeche, Tabasco, Chiapas settentrionale e parte del Messico.
La religione subì cambiamenti a seconda dei periodi. In origine era una fede monoteista, con Hunalo Ku supremo creatore che, trasse dal mais il genere umano, divenne politeista quando gli affiancarono un gruppo di divinità inferiori, quali: il dio sole, il dio del firmamento, il dio della saggezza, il dio della morte e dei nove inferi. Inoltre, il culto del periodo classico si limitava ad offerte di fiori, frutta, tacchini e cani. Successivamente comparvero i sacrifici umani, il cui sangue era poi cosparso sugli idoli. I Maya inoltre, credevano nell’immortalità dell’anima e nell’altra vita, ritenevano che i morti fossero confinati nel mondo sotterraneo come castigo per le colpe commesse in vita.
Una curiosità è legata alla pratica della palla (una forma primitiva di gioco del calcio), svolta da giovani appartenenti a caste privilegiate, tale gioco simboleggiava il cammino degli astri e del sole.

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ARTISTA VINCENZO BENINCASA VB...

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