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BENINCASA

Marco Tullio Cicerone

L’insegnamento degli antichi Latini?

Marco Tullio Cicerone (in latino Marcus Tullius Cicero), nato ad Arpino il 3 gennaio 106 a.C. e morto a Formia il 7 dicembre 43 a.C., è stato un avvocato, politico, scrittore, oratore e filosofo romano. Sosteneva che l’Impero Romano aveva troppe Leggi per i cittadini liberi, che tanto liberi non erano. E, poi, c’erano gli schiavi e i sottomessi che dovevano lavorare duramente per un tozzo di pane.
<Siamo schiavi delle leggi, per poter essere liberi.> ­(“Legum servi sumus ut liberi esse possimus”) –

Salus populi suprema lex esto.
Il benessere del popolo deve essere la legge più importante.

Historia vero testis temporum, lux veritas, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis.

Odi et amo.
Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
CATULLO – Cicerone era molto legato a questa frase.

<Mala tempora currunt, sed peiora parantur>
<Stiamo vivendo tempi duri, ma se ne preparano di peggiori>

<Saepe est etiam sub palliolo sordido sapientia>
<Spesso la sapienza sta anche sotto una sordida veste>

Il bilancio deve essere equilibrato, il tesoro ripianato, il debito pubblico ridotto, l’arroganza della burocrazia moderata e controllata, e l’assistenza alle nazioni estere tagliata, per far sì che Roma non vada in bancarotta. CICERONE, così, in queste parole è molto moderno…

<Libertas, quae non in eo est ut iusto utamur domino, sed ut nullo>

“Nihil est incertius vulgo”, Cicerone diceva che non vi è nulla di più instabile del popolo. Quando l’umore del popolo cambia, cadono i Governi…

“Cuiusvis hominis est errare; nullius, nisi insipientis, in errore perseverare”, Marcus Tullius CICERO.
Chiunque può sbagliare, ma nessuno, se non è uno sciocco, persevera nell’errore. Perché dovete sapere che sbagliare è umano, ma perseverare è diabolico!

<Non solum ipsa fortuna caeca est, sed eos etiam plerumque efficit caecos, quos complexa est>,
“Attenti alla Fortuna!”

“Nihil tam absurde dici potest quod non dicatur ab aliquo philosophorum”,
Non si può dire nulla di così assurdo già detto

Se oggi fosse in vita Cicerone, direbbe ai corrotti: “Cedant arma togae!”, “Che le armi lascino il posto alla toga del magistrato”

CICERONE, lottando tra gli optimates (nobili e possidenti) e i populares (plebe), era l’HomoNovus della ResPublica contro l’Impero. Ma vinse l’Impero e le sue acerrime Filippiche contro Antonio… «Prominenti ex lectica praebentique immotam cervicem caput praecisum est. Nec satis stolidae crudelitati militum fuit: manus quoque scripsisse aliquid in Antonium exprobrantes praeciderunt.»

Ritratto, “Marcus Tullius Cicero”. Disegno, pennarelli colorati su foglio liscio speciale A4 (210x297mm). VB ’19
Portrait, “Marcus Tullius Cicero”. Drawing, coloured felt-tip pens on special A4 sheet.

Cicerone è stato un avvocato, oratore, filosofo, personaggio pubblico della vita politica della Roma Repubblicana (I Sec. A.C.), che ha scritto numerosi libri, molti dei quali andati persi dopo la caduta dell’Impero per opera dei barbari. E’ stato in primis un cittadino della municipalità di Roma (Arpino nel Lazio), discendente da una famiglia della classe sociale equites, che sono i cavalieri della bassa nobiltà. E’ stato homo novus, nel senso che è il primo della sua famiglia a rivestire cariche pubbliche in Questura, Edilità, Pretura, Consolato, Proconsolato e poi nel Senato. Cicero è il soprannome di Marcus Tullius che gli deriva da un avo famoso nel Lazio che aveva una protuberanza a forma di cecio sul naso.
E’ considerato la mente più brillante dell’antica Roma ed è studiato ancora oggi in scuole e università di tutto il Mondo.
Politicamente è stato considerato da molti un incoerente, perché, pur venendo da una famiglia non proprio patrizia, ha perorato acerrime cause contro la plebe ed ha sposato due mogli patrizie perché ricche possidenti. Ma il suo comportamento deve ricercarsi dal fatto che ha vissuto un periodo in cui a Roma c’erano continue guerre sociali e civili. Periodo in cui Senatori e Patrizi degli optimates si combattevano tra di loro con bande armate della plebe. E tutti volevano accedere al potere. Cicerone è stato coinvolto in battaglie politiche che potevano decretare la sua fine, ma all’ultimo momento è scappato da Roma (esilio in Grecia e nella Cecilia dove ha studiato il pensiero dei filosofi antichi come Platone ed Aristotele). Nei suoi scritti si intravede la brutta condizione di schiavitù in cui era relegata la classe sociale dei populares. E’ stato invitato più volte a schierarsi con la plebe, ma ha rifiutato coltivando sogni di gloria nell’oligarchia senatoriale. Sogni che lo hanno portato vicino a Bruto e Cassio, assassini di Caio Giulio Cesare. Coinvolto nelle diatribe del Triumvirato, tra battaglie fratricide e filippiche in Senato contro gli avversari di Ottaviano, è stato ammazzato dai sicari di Antonio nella sua bellissima villa di Formia. Strenuo difensore della Repubblica, ha visto così nella morte il passaggio all’Impero di Cesare Ottaviano Augusto, Pater Patriae.
«Potestas in populo, auctoritas in senatu»
«Il potere è del popolo, l’autorità del senato»
(Marco Tullio Cicerone, De Legibus, 3,12)

“Consensus omnium populorum lex naturae putanda est”, CICERO, De natura deorum, 44 AC.
Per tutti gli Dei dell’Olimpo!

I Latini vedevano l’uomo come vir, ovvero uomo d’azione, che non doveva filosofare troppo e cadere in otio. Cicero cambiò la moda.

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ARTISTA VINCENZO BENINCASA VB...

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